Le riforme del sistema pensionistico nel nostro paese è stato uno dei temi di cui si è parlato maggiormente nel corso degli ultimi mesi. Diverse posizioni e differenti proposte hanno animato il dibattito politico con le fazioni impegnate a darsi battaglie su cifre e dati spesso da più parti messi in discussione. L’INPS ha spesso bollato come eccessivamente costose tutte le proposte che sono state avanzate dalle varie parti politiche. Sia la riforma Damiano Baretta Gnecchi che prevede l’uscita anticipata a 62 anni in poi con 35 anni di contributi, con una decurtazione sull’importo pensionistico di due punti percentuali che vengono applicati per ogni anni nel quale si decide di uscire dal lavoro.
Questa proposta, a detta del numero uno dell’istituto Boeri, avrebbe un costo di otto miliardi di euro mentre si sale a ben 10 e mezzo per la cosiddetta “Quota 100” cioè il risultato tra l’età nella quale si esce dal lavoro e di contributi. Quest’ultima, secondo i dati di alcune parti politiche però potrebbe portare anche a dei reali risparmi per lo Stato italiano visto che, come sottolineano alcuni parlamentari, le stime dell’INPS si basano sul numero totale di pensionati che, in questo caso, uscirebbero tutti insieme e senza distinzioni dal lavoro. Una stima che appare davvero curiosa e che non tiene in considerazione che non a tutti i lavoratori converrebbe uscire anticipatamente dal lavoro sia per le penalizzazioni che sono previste sia perché alcuni determinati impieghi risultano sempre molto ambiti in ambito professionale (dirigenti, primari ecc..).
Così nella Legge di Stabilità, al di là dei proclami dei mesi scorsi, non sono entrati il tema della flessibilità, ma elemento ancora più grave, non sono stati inseriti interventi completamente risolutivi su questioni importanti come gli esodati, l’opzione donna. Insomma si è deciso di intervenire con semplici rattoppi che non hanno risolto nessuna delle problematiche esistenti, ma con un aggravio dei costi per il sistema. A scagliarsi contro il Governo è lo stesso numero uno dell’INPS Tito Boeri che ha definito gli accorgimenti fino ad ora messi in campo come “interventi selettivi e parziali che creano asimmetrie di trattamento e che daranno spinta a ulteriori misure parziali, tra l’altro molte costose”.